Chiesa di Santa Maria Assunta di Gela


La chiesa Madre, eretta a tre navate con cupola e torre campanaria in direzione ovest-est a partire dal 1766, intitolata a Maria Santissima Assunta in Cielo, presenta una pianta a croce latina con schema basilicale.

Nell’anno 1766 nelle vicinanze di uno spiazzo forse denominato “platea”, sul quale fino ad alcuni secoli prima si apriva la Porta dè Carri, iniziarono i lavori di ampliamento della chiesa parrocchiale di Santa Maria dè Platea. Essa era ancora l’unica parrocchia di Terranova e a causa del disastroso terremoto del 1693 riportava gravi lesioni, colpì anche diverse zone dell’isola: la chiesa infatti era stata edificata cinque secoli prima, nella prima metà del XIII secolo. Dal ritrovamento di diversi ruderi, risalenti al periodo greco di Gela, avvenuto qualche secolo fa sulla nostra piazza principale, si può supporre che la chiesa di Santa Maria dè Platea occupasse lo stesso sito di un tempio greco, di cui, alcune colonne furono integrate nelle strutture portanti della stessa.

Dopo tredici anni dall’inizio dell’ampliamento, cioè nel 1779, ancora la navata centrale della nuova chiesa non era nemmeno completata; bisognò aspettare fino al 1784 per vedere il suo completamento, come testimonia uno stemma posto alla sommità della parete dell’ingresso principale subito sopra le canne dell’organo, in cui si legge DIVINA PROVIDENTIA MIRACULUM. La chiesa, anche se non completata definitivamente, fu riaperta al culto nell’anno 1794, dopo ben 28 anni dall’inizio dei lavori di ampliamento. La facciata della chiesa verso la fine del Settecento era ancora incompleta, mentre il campanile, era ancora quello della vecchia chiesa di Santa Maria dè Platea; il Candioto, storico terranovese dell’epoca, scrisse pure che tale campanile possedeva un orologio che cessò di funzionare dopo il già citato terremoto del 1693.
Per vedere la chiesa dell’Assunta definitivamente completata bisognò aspettare il nuovo secolo, il XIX. Successivamente ci fu un progetto con relativa messa in opera di un nuovo campanile (il vecchio oramai era troppo vetusto e in più lesionato) che si adeguasse meglio dal punto di vista architettonico alla struttura della nuova chiesa; il campanile venne realizzato nel 1837.

In una seconda fase di lavori il progetto riguardava la facciata della nuova chiesa in stile neoclassico, in cui  vi è la fusione del tempio pagano greco e quello cristiano, quasi a voler dare una continuità millenaria alla fede religiosa del popolo.

Il prospetto della chiesa Madre fu completato nel 1844. Per la sua realizzazione furono usate le pietre di tufo calcareo giallo delle cave di Gela ellenica, e sicuramente, per ricordare tale origine greca, un frammento, forse un pezzo del fregio, di rudere del tempio di Athena di contrada Molino a Vento, venne volutamente incorporato nella fabbrica della stessa facciata, in un punto facilmente visibile, e precisamente alla base del pilastro cantonale di sinistra della chiesa.

Quindi a nostro modo di vedere è errata l’opinione popolare che la facciata della chiesa Madre di Gela sia stata costruita con le pietre e le colonne del già citato tempio di Athena. Si ricordi che già alla fine del Settecento tutti i ruderi ellenici della città di Gela, ancora rimasti visibili, furono completamente smantellati per ricavarne pietra di costruzione, come già sei secoli prima era successo per l’edificazione di Terranova.

Alcune cripte furono messe in luce e poi subito murate durante i lavori di restauro e consolidamento della chiesa Madre intorno al 1970, in particolare una di esse fu individuata sotto la cappella della Passione, grande quando la stessa cappella, ed un’altra vicino all’ingresso sud della chiesa, dove furono anche rinvenuti due cadaveri mummificati, forse quelli del barone Alessandro Mallia e del figlio Andrea, vissuti nel Settecento, appunto tumulati nella chiesa. All’esterno dell’edificio, esisteva un’area cimiteriale larga circa dieci metri, dove veniva seppellita gente comune, delimitata da una serie di fabbricati demoliti tempo dopo il 1848.

Dal 1934 al 1936 nella chiesa furono eseguite le decorazioni della cupola e ripristinati gli stucchi delle navate con applicazioni in oro zecchino.

 

 

Fonte: Nuccio Mulè