Per vedere la chiesa dell’Assunta definitivamente completata bisognò aspettare il nuovo secolo, il XIX. Successivamente ci fu un progetto con relativa messa in opera di un nuovo campanile (il vecchio oramai era troppo vetusto e in più lesionato) che si adeguasse meglio dal punto di vista architettonico alla struttura della nuova chiesa; il campanile venne realizzato nel 1837.
Il prospetto della chiesa Madre fu completato nel 1844. Per la sua realizzazione furono usate le pietre di tufo calcareo giallo delle cave di Gela ellenica, e sicuramente, per ricordare tale origine greca, un frammento, forse un pezzo del fregio, di rudere del tempio di Athena di contrada Molino a Vento, venne volutamente incorporato nella fabbrica della stessa facciata, in un punto facilmente visibile, e precisamente alla base del pilastro cantonale di sinistra della chiesa
Quindi a nostro modo di vedere è errata l’opinione popolare che la facciata della chiesa Madre di Gela sia stata costruita con le pietre e le colonne del già citato tempio di Athena. Si ricordi che già alla fine del Settecento tutti i ruderi ellenici della città di Gela, ancora rimasti visibili, furono completamente smantellati per ricavarne pietra di costruzione, come già sei secoli prima era successo per l’edificazione di Terranova.
Alcune cripte furono messe in luce e poi subito murate durante i lavori di restauro e consolidamento della chiesa Madre intorno al 1970, in particolare una di esse fu individuata sotto la cappella della Passione, grande quando la stessa cappella, ed un’altra vicino all’ingresso sud della chiesa, dove furono anche rinvenuti due cadaveri mummificati, forse quelli del barone Alessandro Mallia e del figlio Andrea, vissuti nel Settecento, appunto tumulati nella chiesa. All’esterno dell’edificio, esisteva un’area cimiteriale larga circa dieci metri, dove veniva seppellita gente comune, delimitata da una serie di fabbricati demoliti tempo dopo il 1848.
Dal 1934 al 1936 nella chiesa furono eseguite le decorazioni della cupola e ripristinati gli stucchi delle navate con applicazioni in oro zecchino.
Fonte: Nuccio Mulè